
Le nostre discipline

Judo
La via della cedevolezza
Proponiamo corsi di Judo, amatoriali ed agonistici, per bambini e ragazzi, suddivisi in due gruppi in base alla fascia d'età:
- Kids Group: corso per bambini dai 5 ai 10 anni con due lezioni da un'ora a settimana: il mercoledì ed il venerdì dalle 16.30 alle 17.30.
- Teen Group: corso per ragazzi dagli 11 ai 16 anni con due lezioni da un'ora a settimana: il mercoledì ed il venerdì dalle 17.30 alle 18.30.
Non è mai troppo tardi o troppo presto per iniziare!
INTRODUZIONE AL JUDO
Il Judo (in cui DO sta per "Via" e JU per "Cedevolezza", quindi via della cedevolezza) è un'arte marziale, uno sport da combattimento e un metodo di difesa personale giapponese formalmente nato in Giappone con la fondazione del Kōdōkan da parte del professor Jigoro Kano, nel 1882.
Il Judo è in seguito divenuto ufficialmente disciplina olimpica a Tokyo 1964 e ha rappresentato ai Giochi di Atene 2004 il terzo sport più universale con atleti da 98 diversi Paesi.
Il Judo è stato concepito dal Maestro Kano prendendo ispirazione dal Jujutsu. Ritenendolo troppo duro, ne ha preso le tecniche fondamentali e le ha ri-studiate per adattarle al Judo (il cui nome stesso sta ad indicare l'essenzialità di flessibilità ed elasticità mentale).
Il Judo è quindi una disciplina di autodifesa: non volta all'aggressione o alla supremazia fisica rispetto ad altri, anzi, alla base di tutto c'è il principio del Sen no Sen (letteralmente attacco d'incontro: imparare ad usare la forza dell'attacco dell'avversario contro di lui, ottenendo il massimo risultato con il minimo sforzo).
IL JUDO IN ITALIA
I contatti tra i marinai italiani e quelli nipponici, consolidati al tempo della rivolta cinese dei Boxer (1900), favorirono la diffusione delle tecniche di jujitsu anche tra i nostri soldati, incuriositi e affascinati dal modo particolare di combattere all'arma bianca o a mani nude. Domata la rivolta xenofoba, l'Italia ottenne una concessione a Tientsin, allargando così i propri interessi in Estremo Oriente. Gli entusiastici commenti di civili e militari sulle virtù della lotta giapponese, soprattutto in vista di un suo impiego bellico, convinsero il Ministro della Marina Carlo Mirabello a organizzare un corso sperimentale. Ordinò quindi al capitano di vascello Carlo Maria Novellis di assumere un istruttore di jujitsu a bordo dell'incrociatore Marco Polo, che stazionava nelle acque della Cina.
Dopo molte ricerche Novellis trovò a Shanghai un insegnante che godeva la fiducia del console giapponese. Il 24 luglio 1906 venne pertanto stipulato un contratto di quattro mesi, tempo che il maestro giudicava «necessario e sufficiente per portare gli allievi ad un grado di capacità tale da renderli abili ad insegnare alla loro volta». Il corso si sarebbe svolto a bordo e al termine gli allievi migliori avrebbero sostenuto gli esami al Kodokan. In ottobre, infatti, i nostri marinai si sottoposero agli esami, ma il risultato fu decisamente negativo. La colpa era del maestro, commentarono al Kodokan: «Pur essendo abbastanza abile, non poteva insegnare ai suoi allievi più di quanto sapesse», cioè non molto, e quindi non aveva mentito assicurando «che in quattro mesi avrebbe portato gli allievi alla sua altezza». Si risolse dunque con una beffa la prima esperienza italiana nella lotta giapponese.
Sul finire del 1921, il capo cannoniere di prima classe Carlo Oletti (già imbarcato sull'incrociatore Vesuvio, che sostituì il Marco Polo in Estremo Oriente), fu chiamato a dirigere i corsi di jujitsu introdotti alla Scuola Centrale Militare di Educazione Fisica a Roma. La Scuola, istituita con R.D. 20 aprile 1920, ebbe sede nei locali del Tiro a Segno Nazionale alla Farnesina, segnalandosi subito all'attenzione generale.
Nella speranza di diffondere la disciplina, domenica 30 marzo 1924 i delegati di 28 società o gruppi sportivi civili e militari si riunirono per costituire la Federazione Jiu-Jitsuista Italiana, presieduta da Antonello Caprino, avvocato e alto funzionario comunale. Il primo articolo del regolamento tecnico federale riconosceva «quale metodo ufficiale di Jiu-Jitsu, sia per l'insegnamento che per la pratica, il metodo Kano». Il 20 e 21 giugno di quell'anno alla sala Flores in via Pompeo Magno si disputò il primo campionato italiano: il titolo assoluto fu vinto da Pierino Zerella, esperto di lotta greco-romana, mentre il titolo a squadre andò alla Legione Allievi Carabinieri di Roma.
Solo nel 1947 si ebbe una ripresa dell'attività con la nomina di una commissione tecnica presieduta da Alfonso Castelli, segretario generale della Federazione Italiana Atletica Pesante (già FAI). Il primo campionato nazionale del dopoguerra si disputò a Lanciano nei giorni 1 e 2 maggio 1948.
Il III Congresso della FIAP, tenuto a Genova il 16 e 17 ottobre 1948, approvò il nuovo statuto federale, che contemplava tra gli organi centrali il Gruppo Autonomo Lotta Giapponese (GALG, trasformato in Gruppo Autonomo Judo nel 1951). Sciolta la commissione tecnica, l'assemblea del GALG, svoltasi a Roma il 14 novembre, elesse presidente Aldo Torti e segretario Arnaldo Santarelli. Rintracciato dall'ex allievo Betti Berutto ad Angera, sul lago Maggiore, il 18 gennaio 1949 Oletti accettò la presidenza onoraria.
In occasione dell'Olimpiade del 1948, per iniziativa del Budokwai di Londra, fu convocata una conferenza internazionale presso il New Imperial College a South Kensington. Si decise la costituzione dell'Unione Europea di Judo, di cui fu eletto presidente l'inglese Trevor P. Legget, l'unico non giapponese graduato 5° dan. Il 29 ottobre 1949 si riunì a Bloemendaal, in Olanda, il II Congresso dell'UEJ, che approvò lo statuto e il regolamento tecnico, ripreso da quello del Kodokan. Torti ne divenne presidente, Castelli segretario e la sede venne trasferita a Roma. «Era la prima Federazione internazionale - anche se modesta - presieduta da un italiano e con sede in Italia, dopo la guerra» (A. Castelli). Davvero una grande soddisfazione dopo tanti momenti bui.
Il IV Congresso dell'UEJ si tenne a Londra il 2 luglio 1951 e diede vita alla Federazione Internazionale di Judo, che elesse Torti presidente e Castelli segretario. Nel settembre 1952, al congresso di Zurigo, la presidenza passò a Risei Kano e la sede si trasferì a Tokyo, ma Torti fu posto a capo della ricostituita UEJ. Il primo campionato europeo si disputò a Parigi nel 1951, il primo mondiale a Tokyo nel 1956.
LA STORIA DELLA FIJLKAM
La Federazione Atletica Italiana (FAI) venne costituita a Milano il 18 gennaio 1902, su iniziativa del marchese Luigi Monticelli Obizzi (1863-1946), con lo scopo di "coordinare l'attività di lotta e di sollevamento pesi". Il Judo entrò a far parte della Federazione nel 1954, anche se già nel 1931, in via sperimentale, la FAI aveva inglobata la Federazione Jiu-Jutsuista Italiana (costituita sin dal 1924).
Il 19 maggio 1974 l'Assemblea della FIAP stabilì pari dignità amministrativa tra i suoi tre settori agonistici, provvedendo a modificare il nome in Federazione Italiana Lotta Pesi Judo (FILPJ). Il cambio di denominazione venne ratificato dal CONI il 6 settembre 1974.
Il 2 luglio 1994 l'Assemblea straordinaria ha stabilito l'inglobamento nella Federazione del Karate (fino ad allora inserito nella Federazione Italiana Taekwondo Karate), decisione ratificata dal C.N. del CONI il 7 febbraio 1995. Federazione elencata nella Legge 16.2.1942, n. 426 (come FIAP).
Con l'approvazione del nuovo Statuto (Ostia, 1° luglio 2000), ratificato ai fini sportivi dal Consiglio Nazionale del CONI il 31 ottobre 2000, è mutata anche l'attività: si è cosituita in Federazione autonoma la sezione Pesi (Federazione Italiana Pesistica e Cultura Fisica - FIPCF), mentre al Judo, alla Lotta ed al Karate ha assunto maggiore rilievo la szezione Arti Marziali caratterizzando la FIJLKAM come Federazione degli sport da combattimento.
Denominazioni assunte dalla società:
- FAI: Federazione Atletica Italiana, dal 1902 al 1933.
- FIAP: Federazione Italiana Atletica Pesante, dal 1933 al 1948.
- GALG: Gruppo Autonomo Lotta Giapponese, dal 1948 al 1951.
- GAJ: Gruppo Autonomo Judo, dal 1951 al 1974.
- FILPJ: Federazione Italiana Lotta Pesi Judo, dal 1974 al 1995.
- FILPJK: Federazione Italiana Lotta Pesi Judo Karate, dal 1995 al 2000.
- FIJLKAM: Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali, dal 2000.

MGA
Metodo Globale di Autodifesa
Proponiamo corsi di MGA (Metodo Globale di Autodifesa): l'unico metodo di difesa personale riconosciuto in italia!
Hai compiuto 16 anni e vuoi iniziare a prendere lezioni di MGA? Proponiamo cicli da 10 lezioni suddivisi in due fasce orarie:
- Lunedì dalle 20.00 alle 21.00
- Lunedì dalle 21.00 alle 22.00
Impara a difenderti nel rispetto della legge sulla legittima difesa.
INTRODUZIONE ALL'MGA
L'MGA è un metodo di autodifesa studiato da autorevoli tecnici provenienti dalle principali discipline che compongono la FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate e Arti Marziali).
Ciascuna di essi ha contribuito con l'apporto delle dirette esperienze, sportive e didattiche, alla codificazione del metodo di base, con particolare riferimento alle sue applicazioni a situazioni reali. L'MGA corre trasversalmente fra tutte le discipline federali ed è costruito esclusivamente sulla difesa e sulla capacità di controllare l'aggressore.
Lo scopo del Metodo Globale di Autodifesa è preparare ad essere efficaci in una situazione di aggressione reale. Non ha finalità sportive, la sua finalità è di addestrare (situazioni e circostanze) e non di allenare (miglioramento muscolare); di portare quindi una persona ad essere efficace in una possibile situazione reale, guidandola a capire e tollerare i propri limiti individuali e a conoscere le proprie reazioni psicofisiologiche durante un'aggressione:
- Reazioni istintive: quali blocco totale, fuga da panico e paura, lotta istintiva...
- Reazioni organizzate: quali fuga da difesa, lotta ragionata e accettazione razionale della situazione.
LEGITTIMA DIFESA ED ARTI MARZIALI: ECCESSO DI DIFESA? ASPETTI LEGALI
Paradossalmente la società civile contemporanea, apparentemente garante della tutela dei diritti, è pervasa da molteplici nuove tipologie e forme violenza, legate a dimensioni tipiche della vita moderna (abusi finanziari e societari, violenze ed intimidazioni mediatiche, mobbing e molestie sessuali, violenze e abusi psicologici, ecc.).
Il concetto di violenza, nel diritto penale, distingue diverse tipologie della stessa:
- Violenza propria: consiste nell'uso di energia fisica da cui derivi una coazione personale,
- Violenza impropria: consiste nell'uso di un qualsiasi mezzo capace di coartare la libertà morale della vittima,
- Violenza sulle persone,
- Violenza sulle cose.
A fronte di un'aggressione, è intuitiva la facoltà del soggetto aggredito di potersi difendere, ma tale facoltà è disciplinata dalla legge in modo molto preciso e tassativo e al di fuori di questi confini la condotta del soggetto aggredito diviene anch'essa illecita.
- Art. 52, primo comma: "Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa."
- Art. 52, secondo comma: "Nei casi previsti dall'Art. 614 c.p. (violazione di domicilio), primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo a fine di difendere:
- La propria o altrui incolumità
- I beni propri o altrui, quando vi è d'esistenza e vi è pericolo di aggressione."
- Art. 52, terzo comma: "La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.
Gli elementi essenziali della legittima difesa sono:
- La condotta aggressiva ingiusta: il primo presupposto perché un soggetto possa adeguatamente difendersi è che sia stato ingiustamente aggredito.
- L'attualità del pericolo: l'aggressione deve determinare un pericolo attuale di un'offesa. Attuale è tanto un pericolo incombente, quanto un pericolo perdurante. Non deve trattarsi di un pericolo passato perché, cessata la possibilità della lesione, la reazione sarebbe non di difesa, ma di vendetta o di rappresaglia e, come tale, è penalmente illecita.
- La condotta difensiva della vittima: per essere legittima, la reazione deve innanzitutto ricadere sulla persona dell'aggressore. Gli elementi caratterizzanti della condotta difensiva legittima sono:
- La necessità di difendersi,
- L'inevitabilità dell'offesa in altro modo,
- La proporzione tra difesa e offesa.
VALIDITÀ DEL MODELLO FORMATIVO PROPOSTO DALLA TRADIZIONE DELLE ARTI MARZIALI
- La conoscenza delle tecniche codificate nelle arti marziali può incidere in modo importante sul concetto di proporzionalità tra offesa e difesa, nell'ambito della reazione difensiva legittima, e il praticante deve esserne consapevole.
- In tal senso, la componente educativa, etica e psicologica delle arti marziali diventa fondamentale non solo nella imprescindibile formazione del carattere del praticante ma anche nel guidarlo a condotte giuridicamente corrette.
- La disciplina Tradizionale delle Arti Marziali, contiene il corretto approccio anche al problema giuridico della legittima difesa.
Le cinque regole fondamentali dell'etica delle arti marziali sono:
- Hitotsu, jinkaku kansei ni tsutomuru koto: Primo, dobbiamo perseguire la perfezione del carattere.
- Hitotsu, makoto no michi o mamoru koto: Primo, dobbiamo seguire la Via della Verità.
- Hitotsu, doryōku no seishin o yashinau koto: Primo, dobbiamo addestrare l'animo allo sforzo.
- Hitotsu, reigi o omonzuru koto: Primo, dobbiamo rispettare le regole della Cortesia.
- Hitotsu, kekki no yū o imashimuru koto: Primo, dobbiamo frenare il coraggio impulsivo.
